Come affronteremo la Fase 2

27 aprile 2020

VIRUS E MEDICINA Il professor Tramonte: «Il virus non se ne andrà. Ecco cosa succederà»

STEZZANO – In piena emergenza CoronaVirus, lasciamo la parola al professor Silvano Tramonte, medico chirurgo e implantologo di fama mondiale, anima dei Centri Tramonte di Milano e Stezzano, che ha deciso di aiutarci a fotografare la situazione, dalla sua origine ad oggi, di aiutarci a capire meglio, dal punto di vista medico-scientifico, cosa sta accadendo, quali sono gli scenari attuali e quali quelli futuri. In questa puntata si occupa della fase 2. La fase 2 In questi giorni non si fa che parlare di fase 2: quando ripartire, come ripartire, chi, dove ecc. E’ indiscutibile che stare in isolamento non è come stare in vacanza, è indiscutibile che l’economia e le finanze vanno a rotoli, la vita sociale è uno schifo, le famiglie sono divise, la vita è sospesa. Una certa inquietudine nasce dal fatto di non avere dati precisi sulla ripartenza. Sapere quando, significa poter incominciare a programmare; sapere come, significa poter incominciare a organizzare; sapere chi, significa avere ben chiaro l’ordine di partenza. Non abbiamo dati precisi per il semplice motivo che chi dovrebbe darci questi dati ha le idee più confuse di noi e non sa bene cosa fare né come e dunque neppure quando. Non ci resta che aspettare di vedere che uscirà dal cappello ma ci sono alcuni punti che restano comunque fermi. Non è finita qui Non pensiamo che sia finita con la ripartenza. Ripartiremo perché non possiamo fermare più di tanto il paese né per ogni singolo individuo alle prese coi propri problemi economici né per lo stato che di problemi economici ne ha di peggiori con l’unico “vantaggio”, si fa per dire, di potersi indebitare all’infinito, cosa che ha fatto sempre con la differenza che alla metà degli anni 60 il debito era il 20% del PIL e l’economia in crescita, oggi è al 140% e l’economia in decrescita. Ma il fenomeno COVID19 non sarà esaurito, non sarà esaurito affatto. Oggi ancora non riusciamo a scendere al di sotto dei 400 decessi al giorno e siamo in lockdown, che succederà quando ricominciamo a muoverci? Quale è il problema? Dunque dobbiamo ripartire per forza. Allora qual è il problema? Il problema è come e, problema nel problema, nessuno sa come definire questo come. Abbiamo affidato il compito di controllare l’emergenza praticamente solo al blocco totale. Non abbiamo preparato nulla, organizzato nulla, predisposto nulla per fronteggiare il virus quando ricominceremo a muoverci, vivere, lavorare, viaggiare. Sto parlando di misure di controllo e gestione sanitaria sul territorio: le mascherine non si trovano o si trovano a prezzi di sciacallaggio e comunque rischiando di pagare e non avere la merce, un piano di selezione tra sani e malati non esiste, che io sappia al momento, né esistono i mezzi per realizzarlo, l’uso dei tamponi è ancora scoraggiato, i test sierologici rapidi sono sconsigliati ufficialmente, corridoi sanitari non mi pare siano stati studiati, la gestione domiciliare del malati e di là da venire, insomma, si ha la sensazione che l’unica vera azione del governo sia emettere decreti che contengono norme a carattere repressivo. Come dire che se ci ammaliamo è colpa nostra, se contagiamo qualcuno è colpa nostra, e dunque se ripartiamo dovremo farlo caricandoci di questa terribile responsabilità sapendo che se “ci comportiamo male” ripartirà il contagio e sarà colpa nostra. Ma se ripartirà il contagio temo che non avremo grandi mezzi a disposizione se non la passata esperienza. Dei medici sopravvissuti. Poco direi. Spero di sbagliarmi ma temo che questa, che è solo un’opinione personale, si rivelerà un’opinione tutt’altro che infondata. Come facciamo? Non possiamo lavorare chiusi in uno scafandro e gli esercizi pubblici, le attività commerciali e gli ambienti di lavoro sono in genere spazi dove la convivenza è piuttosto stretta. Allora, ripartiamo conservando la mentalità da emergenza ed attuando un comportamento all’insegna della massima precauzione: evitiamo la vicinanza sociale a meno di due metri se possibile, evitiamo di radunarci, evitiamo di partecipare a qualunque titolo a riunioni, usiamo sempre la mascherina, usiamo i guanti, quando abbiamo i guanti non tocchiamo oggetti personali, non tocchiamoci mai il viso, laviamoci spesso le mani, disinfettiamo mani, cellulari, maniglie e superfici in genere. Se diventiamo sintomatici isoliamoci e avvisiamo il medico. Abbiamo capito che qui sta il mezzo per interrompere la catena dei contagi e che se i contagi restano ad un numero controllabile il virus perde la sua arma più poderosa: la velocità di contagio. E torna ad essere un virus dalla letalità molto bassa e dalla mortalità ancora più bassa. Ricordiamoci che i sintomi principali sono tosse, difficoltà respiratoria, febbre, mal di testa, diarrea. Ma non aspettiamo che siano importanti per considerarli, dobbiamo allarmarci al primo accenno. Tutelare noi e gli altri A seconda dell’attività che svolgiamo preoccupiamoci di tutelare gli altri oltre a noi stessi. Interrompere la catena dei contagi significa anche fare in modo di impedire agli altri, che non sappiamo in che condizioni sono, di spargere il virus: preoccupandoci di detergere al meglio l’ambiente di lavoro, gli oggetti di uso pubblico, sorvegliando le persone e intervenendo dove intuiamo un rischio per riportarlo entro parametri accettabili. Per noi e per gli altri. Test e vaccini Non facciamo troppo conto su vaccini e test sierologici, tutto è ancora troppo incerto. Soprattutto considerare che i test non hanno una grande utilità pratica poiché la negatività vale per il momento in cui viene eseguito e sempre che non sia un falso negativo, la positività non dice se siamo infetti o no, e sempre che non sia un falso positivo. In ogni caso per un sierotest positivo dovremmo isolarci e fare un tampone. I tamponi ci sono? Pare di no, dato che non li fanno nemmeno ai medici. E spero che sia così, perché se ci sono e non li usiamo allora sarebbe proprio una follia. Le app di controllo E spendiamo una parola pure sulle app di controllo dei contatti o sui braccialetti. Questa cosa a molti non piace ma, senza entrare nel merito della questione e del suo significato, poter tracciare i contatti eventuali e non disporre dei tamponi sufficienti a controllarli tutti che senso ha? Se il governo pensa di usare le app per controllare tutti gli eventuali contatti e risolvere tutto rimettendo in quarantena le persone temo che in breve tempo ci ritroveremo col paese fermo un’altra volta. Si devono isolare le persone positive e separarle dai sani, non isolare tutti. E per questo ci vogliono i tamponi. Inutile eseguirli quando la diagnosi è clinicamente certa, bisogna eseguirli sugli asintomatici e paucisintomatici. Dunque torniamo a lavorare poiché è evidente che non possiamo stare fermi, ma facciamolo con estrema precauzione, mantenendo atteggiamenti difensivi per noi, e protettivi per gli altri, soprattutto i nostri cari. Prof. Silvano U. Tramonte

articolo pubblicato fase 2