Dott. Riccardo Beltrami
Al congresso della Società Italiana di Implantologia Osteointegrata (SIO), svoltosi a Milano in data 5 e 6 febbraio 2016, ho avuto il piacere di presentare un poster di un caso clinico risolto dal Dottor Tramonte 11 anni prima.
La paziente, bruxista, si era presentata in studio, dopo aver consultato diversi colleghi, chiedendo una riabilitazione protesica fissa che sostituisse la sua protesi totale mobile. Dovendo sopperire alla marcata carenza di osso in entrambe le arcate, diversi colleghi a cui si era rivolta le avevano proposto incrementi d’osso con innesti autologhi nell’arcata inferiore e rialzi del seno nella arcata superiore con conseguente aumento della durata della terapia, dei costi e della comorbidità dell’intervento.
Tali interventi suppletivi sono resi necessari quando ci si avvale della tecnica implantologica di scuola svedese. Diversamente prevedendo di utilizzare una tecnica implantologica di scuola italiana è stato possibile proporre alla signora una protesi fissa totale su impianti a carico immediato. Come illustrato nel poster, dopo aver eseguito i preliminari esami del sangue, delle urine e radiologici, il dottor Tramonte ha posizionato 12 impianti nell’arcata inferiore di cui sei nella zona frontale e sei nelle zone posteriori, tre per lato. In questi ultimi settori la mancanza di osso ha fatto sì che il nervo alveolare interiore si trovasse superficialmente. Per ovviare a questa condizione critica le viti endossee sono state posizionate scavalcando esternamente il fascio nervoso senza lederlo.
Nella stessa seduta le viti endossee sono state unite mediante un filo di titanio che è stato saldato intra-oralmente a ciascun impianto. La creazione di una struttura rigida permette il carico immediato con una protesi totale provvisoria. In una seduta successiva sono stati posizionati gli impianti nella arcata superiore. Dodici viti sono state posizionate nella zona frontale compresa tra i due seni mascellari, mentre due viti per lato sono state posizionate posteriormente, nel tuber mascellare. Anche in questo caso le viti sono state unite tramite un filo di titanio saldato intra-oralmente ai monconi e la protesi provvisoria fissa è stata consegnata in giornata. Nel caso in esame è stata utilizzata una barra sottomucosa doppia per unire le viti poste nel tuber al fine di garantire maggior rigidità nella prima fase di guarigione. I controlli foto e radiografici a 11 anni non evidenziano problematiche di alcun tipo, sia sulla protesi, sia sugli impianti, sia sulle barre. I livelli di osso si dimostrano mantenuti in tutte le sedi trattate con l’implantologia a carico immediato, mentre le doppie barre superiori si sono esposte nel cavo orale a seguito dell’invecchiamento dei tessuti, senza tuttavia provocare problematiche di alcun tipo. L’utilizzo dell’implantologia della scuola italiana si dimostra pertanto duttile in casi complessi, oltre che altamente predicibile. Molti vantaggi vanno al paziente che può concludere il percorso terapeutico in tempi ragionevoli, nel comfort di un provvisorio fisso, senza doversi sottoporre a interventi chirurgici di aumento del volume osseo o di rialzo del seno che ad oggi non sono scevri da rischi di insuccessi. La tecnica descritta ha suscitato variamente interesse e scetticismo tra i colleghi rispettivamente nei più giovani e nei meno giovani. Potersi affidare a tecniche predicibili che non richiedono chirurgie complesse è sicuramente l’aspetto che ha incuriosito maggiormente.
La tecnica di Implantologia italiana oltre che essere la prima nata sembra ad oggi essere anche quella maggiormente orientata al futuro. Lo scetticismo percepito da parte di alcuni colleghi non è sembrato purtroppo giustificato da motivazioni di carattere medico-scientifico ma solamente da ideologia. E’ infatti evidente la diffusione dei principi dell’impiantologia italiana anche nelle metodiche della scuola svedese: impianti con spire aggressive, framework realizzati dal tecnico nella stessa seduta della chirurgia, tecniche flapless, sottopreparazioni delle sedi implantari sono solo alcuni dei concetti che con diversi colleghi abbiamo discusso con interesse. E dal confronto tra professionisti possono nascere nuove idee e nuovi spunti per affinare le tecniche riabilitative. L’obiettivo della presentazione del poster è stato pertanto raggiunto, sperando che possa aver mosso un po’ le acque in favore dei molti colleghi desiderosi di tornare ad offrire trattamenti ragionevoli per il paziente.