
La persona al centro della cura
Formula magica che si ritrova ormai dovunque: articoli, conferenze, dichiarazioni politiche e slogan pubblicitari.
Come sempre succede il fenomeno inflazionistico svuota di valore l’oggetto inflazionato. Se è un oggetto. Se è un concetto è diverso. Per quanto possa essere inflazionato, mal interpretato o utilizzato con intenzioni fraudolente, un concetto non perde mai il suo valore. Facciamo un esempiuccio da nulla: la giustizia è uguale per tutti. Nobilissimo il concetto, deplorevole l’attuazione. Ma il concetto non perde il suo valore perché noi siamo troppo incapaci di realizzarlo.
Chiarito questo punto, veniamo al punto! La persona al centro della cura è un concetto. Avrete notato la sostituzione della parola “paziente”, più appropriata alla correlazione con cura, con la parola “persona”, più appropriata a rappresentare il concetto di essere considerati nella propria interezza, olisticamente. Considerando che il tutto è assai di più che la somma delle singole parti. Persona è il tutto, paziente è la parte malata della persona.
Da Treccani: “Paziente: persona affetta da una malattia, e più genericamente chi è affidato alle cure di un medico o di un chirurgo”. Dunque, per lo meno da un punto di vista strettamente lessicale paziente è riduttivo. Non lo è, o non dovrebbe esserlo per un medico, che nel suo “paziente” vede, o dovrebbe vedere, tutto. Ma è una visione romantica della medicina, oggi la visione è ciò che la comunicazione esprime.
Ma a noi poco importa, persona o paziente è uguale, se l’empatia che anima noi medici è quella che dovrebbe essere. Uso il condizionale perché mettere realmente la persona al centro della cura uscendo dal territorio dello slogan pubblicitario e marchettaro per entrare nella realtà medica non è facile né universalmente estendibile poiché impone di abbandonare la rassicurante metodologia tecnologica per utilizzare strumenti etici comunicativi ed emotivi in modo da accedere all’intimo del paziente, al suo sé, alla sua prospettiva e concordare un piano di cura che possa essere condiviso. Empatia, Etica, Conoscenza, Intuito sono alcuni degli strumenti fondamentali, Cautela, Misericordia, Tempo e Attenzione altri, per entrare in relazione con la persona prima che con la sua malattia.
Il singolo evento patologico non è altro che l’evento finale di una ramificata catena di eventi la cui origine si perde nelle profondità fisiche e psichiche dell’individuo. Per quanto possa apparire che un singolo evento di pertinenza odontoiatrica sia cosa da poco, in molti casi le origini di quell’evento si trovano lontano dalla bocca. E se si vuole curare davvero il piccolo evento toccherà occuparsi delle sue lontane origini. Ecco perché nulla o quasi è specificatamente puramente odontoiatrico ed ecco perché è importante un approccio medico olistico che si occupi dell’intera persona: un’infiammazione gengivale può essere la spia di un disturbo sistemico così come una parafunzione può essere la spia di un disturbo nervoso.
Ci sono odontoiatri che non sono laureati in medicina e non hanno dunque titolo né abilitazione per entrare nel merito di taluni argomenti, ma potranno comunque, nei limiti delle proprie attribuzioni, offrire empatia e supporto. La preparazione e l’attenzione del medico sono necessarie per inquadrare il problema del paziente, affrontarlo con lui attraverso il dialogo, il counselling, la spiegazione, il supporto. A volte il paziente ha bisogno di chiarimenti su di una patologia extra odontoiatrica, a volte addirittura ha un disturbo non ancora diagnosticato: non possiamo perdere il momento importantissimo del colloquio clinico. Il dentista è il medico che il paziente vede con maggior frequenza e dunque è quello con cui più di ogni altro può affrontare i suoi problemi di salute. Il paziente ha bisogno di organizzare l’esperienza della malattia, le nozioni ricevute, comprendere, metterle in relazione a sé e poi decidere.
Abbiamo parlato di piano di cura condiviso. Perché questo possa attuarsi, il paziente ha bisogno di essere preparato, informato, istruito. Ma non solo: ha bisogno soprattutto di essere capito. Senza questa comprensione non può esistere un piano terapeutico veramente condiviso. Perché lo sia veramente dovrà essere ad hoc, personalizzato, dedicato, fatto su misura. Allora sì, avremo messo la persona al centro della cura!
Dottor Silvano U. Tramonte
Il carico immediato in implantologia dal 1959
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