Il trattamento endodontico è conosciuto anche col nome di “cura canalare” o “devitalizzazione”. Si tratta sempre di interventi che riguardano il tessuto interno al dente, che nell’età dello sviluppo ha la funzione di formare la struttura portante calcificata del dente (dentina), mentre in età adulta resta confinato nella camera pulpare e nei canali radicolari, con funzioni residuali di sensibilità al freddo e idratazione della dentina.
La carie è la principale nemica di questo tessuto: quando la carie crea una cavità interna al dente, è necessario intervenire rapidamente, prima che la cavità si ingrandisca permettendo ai batteri di raggiungere la polpa, infettandola. Se si arriva a questo stadio, la cura conservativa che consente di mantenere il dente evitando l’estrazione è appunto la terapia endodontica.
La moderna endodonzia si avvale di strumenti sofisticati per la diagnosi e la terapia, come il rilevatore di apici, i biomateriali innovativi, la strumentazione in leghe speciali.
Quali segni indicano la presenza di una carie?
Ai primi stadi la carie appare difficile da individuare perché i sintomi sono molto lievi. Solo con il controllo periodico dal dentista è possibile verificarne la presenza fino dai primissimi stadi e intervenire con una terapia precoce e quindi limitata, minimizzando i danni e scongiurando dolori improvvisi e cure in regime di urgenza. A maggior ragione, se si tiene conto del fatto che la carie attacca indifferentemente e con la stessa intensità sia denti sani sia denti precedentemente curati o devitalizzati.
In caso di accentuata sensibilità dei denti al caldo, al freddo o al dolce, accompagnata da un dolore più o meno localizzato che perdura per un certo tempo successivamente allo stimolo, è ipotizzabile che ci sia presenza di una carie già allo stato avanzato. Il danno si estende in rapida progressione e, se non intercettato in tempo, porta inevitabilmente a fenomeni di pulpite e necrosi della polpa del dente stesso. La cura in questa fase tardiva non è più la rimozione della parte cariata e un’otturazione più o meno estesa, ma è necessario il trattamento endodontico.
Come si svolge un trattamento endodontico?
Il trattamento endodontico è veloce (oramai anche per i molari), grazie alle nuove tecniche e alle moderne apparecchiature a disposizione. Le fasi operative sono:
- anestesia locale per neutralizzare il dolore anche nei casi con polpa ancora sensibile.
- isolamento del campo operatorio mediante la diga di gomma consistente in un foglio di lattice di gomma teso da un archetto e tenuto fermo da un gancio posto intorno al dente da curare o a un dente vicino.
- apertura della camera pulpare: accesso alla polpa attraverso una cavità preparata dal lato masticante del dente.
- reperimento del o dei canali radicolari con l’ausilio di ingrandimenti ottici.
- misurazione della lunghezza di lavoro ossia di ciascun canale presente mediante una radiografia e un localizzatore elettronico d’apice.
- strumentazione dei canali mediante strumenti endodontici che asportano la polpa canalare contaminata dai batteri e sostanze infette, creando nel medesimo tempo una forma delle pareti adatta a una completa otturazione.
- lavaggi con ipoclorito di sodio, potente disinfettante, per ottenere un ambiente il più possibile pulito e asettico.
- otturazione canalare mediante guttaperca, materiale plastico e modellabile con il calore, associato a un cemento canalare.
- ricostruzione della corona.
- controllo radiografico della fine della cura.
- eventuale protesi fissa.
La cura canalare può far male?
Durante il trattamento endodontico il dolore è sotto controllo grazie all’anestesia locale. Un indolenzimento, che può essere soggettivamente più o meno fastidioso, può essere presente dopo la terapia, ma è facilmente controllabile con un comune analgesico. Raramente, in radici particolarmente infette, può svilupparsi un ascesso con dolore e gonfiore a causa del passaggio di batteri nell’osso che circonda le radici. L’insorgenza di queste complicanze non pregiudica necessariamente il successo del trattamento in corso.
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