Una rubrica settimanale a cura del professor Tramonte, dedicata all’emergenza Covid-19. Un’iniziativa a cui abbiamo deciso di aderire con piacere per stare vicino ai pazienti e, più in generale, a tutti i cittadini. Un progetto che mira a racchiudere, puntata dopo puntata, considerazioni medico-scientifiche, aggiornamenti e consigli utili per fronteggiare la situazione e affrontare al meglio la quarantena.
Seconda uscita per la rubrica dedicata all’emergenza Covid-19. In questa doppia pubblicazione, editata oggi, il professor Tramonte affronta temi delicati relativi alla pandemia come la differenza tra una comune influenza invernale e il CoronaVirus, la pericolosità del virus, i soggetti più a rischio, la contagiosità e l’importanza della quarantena.
«Un virus che viaggia velocemente»
LA RUBRICA Tramonte ci spiega la pericolosità, i soggetti più a rischio e la contagiosità
STEZZANO – Continua l’analisi
del professor Silvano U. Tramonte sulle molteplici tematiche legate alla pandemia da
Covid-19.
Che pericolosità ha
«Diciamo subito che la sua pericolosità sta tutta nella elevata capacita di contagio, come
abbiamo visto, ma quanto a letalità non è un virus molto pericoloso, stando alle notizie
che ci arrivano dalla Cina e
dagli altri paesi. Questo è ovviamente un concetto molto relativo, poiché anche un solo
morto sarebbe di troppo, ma la
sua letalità pare piuttosto bassa. Dico pare perché è assai
difficile calcolarla ad evento
in corso. Questo dato ha mostrato, di volta in volta, notevole variabilità passando da 1
fino al 10 e passa per cento.
Questo dipende da diversi fattori tra cui l’efficacia e l’efficienza della risposta sanitaria,
l’efficienza e l’efficacia delle
misure di contenimento, l’entità della fascia alta di età (poiché è la fascia più debole e suscettibile di gravi complicanze), l’esatto censimento dei contagi (poiché l’indice di letalità è calcolato sul numero
dei contagiati, che in realtà
non conosciamo affatto), e infine dalla capacità di risposta immunitaria del soggetto (pare che ci sia una differenza tra le varie etnie da questo punto di vista). Una variabilità tanto ampia rende il dato di nessuna utilità, lo so, ma d’altra partebisogna capire che è un virus totalmente sconosciuto e richiede tempo per essere studiato, inoltre le statistiche reali andranno verificate e ripulite da falsi positivi e negativi.
Per calcolare esattamente il tasso di letalità, che è il rapporto tra il numero dei contagiati e il numero dei morti, bisognerebbe conoscere esattamente il numero dei contagiati,
cosa del tutto impossibile. Un’analisi condotta da ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), calcola che il numero reale dei contagi sia dieci volte il numero ufficiale. Il che porterebbe il tasso
di letalità prossimo all’1% ma nemmeno il numero dei decessi
è certo poiché tutti i decessi per coronavirus che avvengono fuori dalla struttura ospedaliera non vengono contabilizzati dunque potremmo ipotizzare, ma è solo un’ipotesi
statistica, che la percentuale reale di letalità potrebbe raddoppiare non discostandosi
molto da quella considerata prossima ad 1. E sarebbe anche una stima per eccesso dato
che l’ISPI, nel suo studio, stima la letalità in Italia all’1.14%. Ma, ripeto, sono solo
stime. Per sapere esattamente come stanno le cose si dovrà aspettare che passi la bufera e
studiare con calma i dati, tenendo presente però che non sarà mai possibile contare
davvero il numero dei contagiati, poiché tutti i casi asintomatici sfuggiranno ovviamente al controllo ed inoltre va considerato che non si conosce il tasso di falsi positivi e falsi negativi al tampone, di questa
epidemia. Insomma, i numeri saranno tanto più precisi quanto più saranno grandi,
confrontati tra i diversi studi e per diverse aree, mondati il più possibile di tutte le variabili
sconosciute presenti al momento. Secondo i dati cinesi la
letalità potrebbe essere stimata, in Cina, dello 0.7%. Ma per chiarire esattamente la questione si dovrà aspettare che il fenomeno si estingua e i numeri possano essere calcolati con
maggiore tranquillità e sicurezza. Infine, la mancanza di certezza sui dati e la mancanza
di conoscenze acquisite sul virus, impedisce di calcolare
esattamente la curva di progressione del contagio e dunque, sebbene con una grossolana approssimazione, la sua durata. Spero di essere stato chiaro su una questione abbastanza complicata ma quello che forse è utile chiarire è che l’emergenza non nasce tanto dal numero dei morti in totale
quanto dalla concentrazione dei decessi in un tempo assai breve, circostanza che rende
drammaticamente visibile il fenomeno per il forte impatto che generano le immagini, gli
appelli, le file di bare, i cimiteri che non riescono ad accoglierle, gli ospedali al collasso
ed i medici che si ammalano e muoiono. E tanto per dare un idea concreta mettiamola così:
in Italia muoiono ogni anno circa 600.000 persone di cui 264.000 per accidenti cardiovascolari. 723 persone al giorno. Più o meno quanto il coronavirus in questi giorni in Italia. Eppure noi non ce ne accorgiamo affatto, nonostante che i due eventi, morti per coronavirus e morti per accidenti
cardiovascolari siano contemporanei e altrettanto tragici ma con effetti drammatici
completamente diversi. La ragione risiede nel fatto che imorti per coronavirus sono
concentrati nel tempo e nello spazio mentre i morti per accidente cardiovascolare pur
essendo concentrati nello stesso tempo sono quasi uniformemente distribuiti nello spazio
su tutto il territorio nazionale ma soprattutto una minima parte di questi muore in ospedale mentre i morti calcolati per coronavirus muoiono tutti in ospedale e concentrati in pochi ospedali.
Parlando della pericolosità di un virus non si può non considerare che questa dipende, oltre quanto già esposto, da un fattore piuttosto importante che si chiama carica virale. La carica virale è rappresentata,
in buona sostanza, dal numero di virus che penetrano nel nostro corpo contemporaneamente. Una bassa carica virale è assai meno pericolosa di un’alta carica virale e questo spiega la differenza di rischio
tra un contatto diretto ed un contatto indiretto a favore di quest’ultimo. Per semplificare, le difese del nostro organismo sono in grado di fronteggiare un attacco limitato ma possono soccombere di fronte
ad un attacco massiccio. Il fatto di non possedere anticorpi o
vaccini non significa che siamo totalmente sguarniti. Abbiamo sempre delle difese per
qualunque aggressore ma, essendo aspecifiche, non sono
così efficaci come lo sarebbero quelle calibrate proprio su uno specifico tipo di virus. Due di
queste difese, e le nomino non perché più importanti ma perché spesso le neutralizziamo
noi stessi, sono la tosse e la febbre. La tosse è un meccanismo atto ad espellere meccanicamente parte degli invasori e la febbre è un meccanismo atto ad indebolirli e perfino ucciderli poiché i virus sono termosensibili. Per questo è bene non sopprimere troppo la tosse
né affannarsi a prendere antipiretici con 37.5 di temperatura. La tosse controlliamola
farmacologicamente solo se diventa troppo fastidiosa o irritante e la temperatura controlliamola pure con antipiretici quando si avvicina ai 39 gradi, ma non dobbiamo pensare che combattere tosse e
febbre equivalga a combattere il virus perché non è così: tosse e febbre sono i mezzi con cui
noi combattiamo il virus e, benché non siano molto efficaci, fanno comunque parte dei
meccanismi di difesa che, non essendo particolarmente efficaci, è bene che almeno funzionino tutti al massimo delle proprie possibilità».
Le persone più a rischio
«Senza dubbio gli anziani, e quanto più elevata l’età tanto
più elevato il rischio, il cui sistema immunitario è indebolito dall’età e dalla concomitanza di patologie sistemiche in atto (diabete, ipertensione,
cardiopatie, vasculopatie, patologie dell’apparato respiratorio, problemi oncologici, terapie debilitanti ecc. ecc.), più patologie sono presenti nella stessa persona e più facile sarà
che il virus scateni una reazione letale. Al momento attuale non pare che i bambini corrano grossi rischi, anzi, pare che la pericolosità aumenti all’aumentare dell’età. Al momento
attuale si considera che l’etàmedia dei deceduti sia intorno agli 80 anni. Questo non significa che i giovano non si ammalino, ma più facilmente sviluppano una forma lieve asintomatica o paucisintomatica, diventando elementi portatori inconsapevoli di contagio.
L’exitus nei giovani è fenomeno raro. E’ lecito però supporre che, all’aumentare del numero totale dei contagiati, l’età media si abbassi poiché inizialmente sono i più deboli ed esposti ad andare incontro a
eventi fatali». Contagi e quarantena «Per evitare di contrarre il virus bisogna ricordarsi che esso si trasmette per lo più per contatto diretto, o per inalazione di aerosol infetto per eccessiva vicinanza con soggetto malato. Dunque la cosa principale è cercare di evitare queste due situazioni pericolosissime in presenza di soggetto infetto o malato, e pericolose
in presenza di soggetto potenzialmente malato. Questo significa che, poiché non conosciamo le condizioni di salute degli estranei né se i non estranei sono al corrente delle proprie reali condizioni, bisogna tenersi a debita distanza da tutti. L’uso di mascherine è sempre consigliabile poiché se
siamo infetti, e potremmo non saperlo, producono un effetto barriera sulle nostre emissioni
per le vie aeree contenendole e proteggendo gli altri dal contagio e se non siamo infetti un
minimo di protezione faranno, ma senza pensare che siano uno scudo perfetto: prevenire è
sempre meglio, usiamole tutti sempre ma non abbandoniamo le norme di prudenza consigliate e doverose: rispettare la distanza sociale, 2 metri meglio di uno. Lavarsi spesso le
mani, e dopo il lavaggio disinfettarsele con gli apposti gel è cosa fondamentale. Soprattutto dopo aver toccato qualcosa fuori di casa. MAI, mai, portarsi le mani al viso: sul viso ci
sono le vie d’ingresso per il virus: occhi, bocca, naso. Questa cosa è difficile perché sono
gesti frequentissimi ed automatici ma bisogna controllarsi
assolutamente quando si è fuori di casa. Aerare le stanze è ottima cosa, più volte al giorno.
Gli uomini sono più colpiti delle donne, consiglio il taglio di
baffi e barba, per rendere più sciacquabile il viso e offrire meno supporti al virus. C’è poi
tutta una serie di attenzioni per trattare i pacchi della spesa, le scarpe, i vestiti, i guanti che se
monouso vanno smaltiti e non introdotti in casa e le mascherine al rientro. Si può attrezzare un’area all’entrata in casa in cui si preparano i contenitori per guanti e mascherine da
gettare, posto dove lasciare le scarpe, tavolino con gel disinfettante ecc. ecc. su internet si
possono trovare ampie spiegazioni corredate di schemi grafici molto esplicativi, che non
sto a riportare per questioni di spazio e perché facilmente reperibili.
Per quanto riguarda coloro che sono costretti alla quarantena ma debbono convivere coi
famigliari sarebbe bene avessero uno spazio proprio in cui isolarsi e ricevere vivande e
generi di conforto senza contatto diretto depositando gli oggetti su di un tavolino fuori
dalla stanza. Chi sta in quarantena deve preoccuparsi di indossare sempre la mascherina quando esce dalla sua area per andare in bagno o per qualunque altra esigenza, la cui
frequenza, peraltro, va ridotta il più possibile».
Prof. Silvano U. Tramonte